Un tema molto delicato e ampio da trattare è quello della cosiddetta shelf life del prodotto, soprattutto quando si parla di prodotti alimentari e, come nel nostro caso, di sfarinati di grano duro.
Lo spreco di cibo deriva anche dalla scarsa conoscenza del vero significato della data di scadenza riportata sulle etichette. Per “spreco alimentare” s’intende l’insieme dei prodotti alimentari scartati dalla catena agroalimentare per ragioni commerciali o estetiche ovvero per prossimità della data di scadenza, ancora commestibili e potenzialmente destinabili al consumo umano o animale e che, in assenza di un possibile uso alternativo, sono destinati a essere smaltiti.[1]
Un recente studio pubblicato su Waste Management dai ricercatori del Johns Hopkins Centre for a Livable Future di Baltimora ha interrogato oltre mille persone di età compresa tra i 18 e i 65 anni sulle abitudini domestiche e sulle opinioni relative alle diciture che indicano le scadenze di nove diversi cibi. E’ emerso che l’84% dei partecipanti ha ammesso di buttare via alimenti vicini alla data di scadenza almeno occasionalmente e il 37% di farlo abitualmente. Inoltre più della metà delle persone aveva idee errate sulla scadenza.[2]
Il termine shelf-life letteralmente significa “vita del prodotto sullo scaffale” e si utilizza per dichiarare la vita commerciale dell’alimento, ovvero il tempo che trascorre tra la sua produzione e il suo consumo senza che ci siano rischi per la salute del consumatore.
Il produttore ha la responsabilità di definire la durata della shelf-life, anche con prove di laboratorio, per individuare dopo quanto tempo il prodotto non può essere commercializzato. [3]
E’ obbligatorio che queste informazioni vengano indicate nell’etichetta che si potrebbe considerare come la carta d’identità di un prodotto alimentare. L’etichettatura di un prodotto alimentare ha un ruolo strategico in quanto informa il consumatore sulle caratteristiche del prodotto, consentendogli di scegliere quello che maggiormente risponde alle proprie esigenze nutrizionali. L’etichetta alimentare è uno strumento di tutela importante sia per la salute del consumatore che per il suo interesse economico in quanto lo aiuta a compiere acquisti consapevoli.[4]
E’ proprio con lo scopo di fare chiarezza e comprendere meglio il processo di durabilità del prodotto alimentare che occorre fare riferimento a quanto stabilisce la normativa in vigore. La legge N. 166 del 19 Agosto 2016 (Legge Gadda)[5] , entrata in vigore il 14 settembre 2016, fornisce un’importante distinzione tra la “Data di scadenza” e il “Termine Minimo di Conservazione” :
- «Il termine minimo di conservazione è la data fino alla quale un prodotto alimentare conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione. Gli alimenti che hanno superato tale termine possono essere ceduti ai sensi dell’articolo 4, garantendo l’integrità dell’imballaggio primario e le idonee condizioni di conservazione».
- «La data di scadenza è la data che sostituisce il termine minimo di conservazione nel caso di alimenti molto deperibili dal punto di vista microbiologico oltre la quale essi sono considerati a rischio e non possono essere trasferiti ne’ consumati».
La data di scadenza corrisponde alla dicitura “da consumare entro il…“, oltre la quale l’alimento non è più sicuro e non deve essere consumato. Il TMC, indicato in etichetta come “da consumarsi preferibilmente entro il…“, segnala che oltre quella data può esserci un decadimento delle qualità organolettiche del prodotto ma lo stesso può essere consumato senza rischi, preferibilmente il prima possibile.
Qualora, data la natura del prodotto, sia necessario adottare particolari accorgimenti per garantire la conservazione dello stesso sino alla data indicata in etichetta, l’indicazione del TMC deve essere completata dall’enunciazione delle condizioni di conservazione.
Nel tempo indicato come conservazione ottimale, il produttore si impegna a garantire il mantenimento delle caratteristiche nutrizionali e organolettiche del prodotto.
Trascorso il tempo minimo di conservazione indicato, l’alimento entra nel periodo in cui, pur mantenendo le proprie caratteristiche in merito alla sicurezza igienico sanitaria, può variare la sue qualità organolettiche.
Una volta oltrepassato il termine temporale indicato, gli alimenti sono ancora commestibili, ma andranno incontro progressivamente ad un lento decadimento nutrizionale e organolettico.
La data espressa su questi prodotti rappresenta quindi un valore indicativo e il consumo posticipato non rappresenta un rischio per la salute, anche se vale la pena valutare con attenzione i singoli casi.2
Occorre, infatti, precisare che il termine minimo di conservazione e la data di scadenza restano validi se il prodotto è adeguatamente conservato (in ambienti adatti, alle temperature previste, lontano da fonti di calore, in luoghi asciutti). In caso contrario i processi di alterazione possono essere sensibilmente accelerati e l’alimento potrà risultare “avariato” anche molto prima di quanto previsto.
La shelf – life dipende perciò dalle caratteristiche chimico-fisiche e microbiologiche del prodotto alimentare e dalla sua composizione, oltre che dai trattamenti di conservazione e dal confezionamento.
Le nostre semole e i nostri semolati non hanno una data di scadenza, bensì un’indicazione di consumo preferibile. La nostra consuetudine, dettata da una lunga esperienza nel settore, ci ha portato a definire questo arco temporale in 3 mesi dalla data di confezionamento. Sulla confezione di ciascuna referenza da 1 Kg e da 5 Kg è infatti indicato il numero del lotto (identificato dal numero della settimana dell’anno in cui è avvenuto l’imballo) e il mese e l’anno entro cui si consiglia di consumare la semola o il semolato.
La scelta di circoscrivere in modo molto netto il Termine Minimo di Conservazione (soprattutto se paragonato a quello della farina 00) è dettata dall’intenzione di garantire al consumatore il consumo di un prodotto che mantenga il più possibile le caratteristiche organolettiche e nutritive originarie che certamente col passare del tempo vanno diminuendo, fino a che il prodotto non sarà più commestibile.
[1]Legge 166/2016, Art. 2, punto d) Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarieta’ sociale e per la limitazione degli sprechi” (GU Serie Generale n.202 del 30-08-2016)
[2] https://ilfattoalimentare.it/spreco-data-di-scadenza.html
[3] https://ilfattoalimentare.it/shelf-life-izsve.html
[4] “Le etichette dei prodotti alimentari: termine minimo di conservazione e data di scadenza” , V.Patrone – Istituto di Microbiologia – NUTRIGEN – Centro di Ricerca sulla Nutrigenomica. Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali.
[5]“Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarieta’ sociale e per la limitazione degli sprechi” (GU Serie Generale n.202 del 30-08-2016)